Di tutte le vicissitudini che mi sono fin'ora capitate questa è di gran lunga la più assurda ed improbabile. Poco tempo fa, mentre mi districavo tra pensieri sul copyright e sull'editoria, suonarono alla porta della mia umile casetta. L'inatteso visitatore si rivelò essere un vecchio monaco amanuense venuto a passare i suoi ultimi inverni presso di me. Colto alla sprovvista non seppi come obiettare a tale pretesa e di lì a poco tempo le mie stanze si riempirono di curvi monaci scriventi. Ora, sebbene io abbia consapevolezza che queste austere figure probabilmente non siano altro che un parto della mia mente, tuttavia mi riterrei ugualmente sgarbato a suggerire loro di tornare nella loro non esistenza. Perciò mi ritrovo, miei cari amici, nella spiacevole situazione di chi per vedere la TV sul divano la sera deve concordare il programma con un'intero monastero.

mercoledì 23 marzo 2011

E' guerra.


“Ok. Possiamo iniziare.” Iniziano...
“Salta. Salta. Salta. Salta.” Saltano...
“Aiutatemi! Mi avete lasciato solo.” Lo aiutano...
“Abbiamo perso tutti: siamo delle schiappe. New Super Mario Bros. Wii, solo su Nintendo Wii...”
“Annuncio terminato. Il video riprenderà entro pochi secondi.”
E la clessidra torna a girare.
“Le forze della coalizione, guidate da Stati Uniti e Francia colpiscono il bunker di Gheddafi nel terzo giorno dell'operazione...” sembrano fuochi d'artificio.
“Le autorità libiche hanno invitato i reporter stranieri a filmare le macerie.”
Ce ne sono altri, di video, a destra: La mappa delle forze in campo. Le immagini del caccia Usa precipitato. La precisione chirurgica dei bombardamenti. Esplosione in diretta a Misurata.
Esplosione in diretta...
“Una bomba o un colpo d'artiglieria si abbatte sugli insorti: in queste drammatiche immagini il momento dell'esplosione”
“Attenzione” è scritto in rosso. “Le immagini che state per vedere potrebbero urtare la vostra sensibilità.”
Poi c'è il video amatoriale di Misurata città fantasma. Il cavaliere addolorato prigioniero di Bossi. Nuove immagini dell'onda assassina. Giappone: il video simbolo dell'Apocalisse. Ruby in slip nello spot di Marra.
Ruby in slip...
Incidente da brivido nell'incrocio della morte. Sexy spot assicurativo in Romania. Scimmiette denudano un anziano signore.
Scimmiette?
Cazzo! Gli tirano proprio via il costume! Ma cosa ci facevano delle scimmiette in spiaggia?

Al piano di sopra Angela è una giovane hostess. Single. L'ho incontrata solo poche volte per le scale. E' un hostess di volo, si ferma poco a casa, ma è molto carina. Angela si è scolata un'intera bottiglia di Cabernet pensando ad un uomo che non sono io, che ha incontrato spesso negli ultimi mesi e sulle scale si sono salutati l'ultima volta. Scura in volto lei, sorridente lui. La porta della settima stanza della loro pensioncina era stata sbattuta violentemente e poi riaperta “Ma dove stai andando?” “Mi sono rotta il cazzo. Tornatene da tua moglie!” Nessuno può sapere, mi dice un amico che la conosce bene, quale sia la scintilla che abbia fatto esplodere la relazione. Ma io ora, ripete questa improvvisata fonte di gossip, ho qualche possibilità. Potrei provare a cercarla su google...
“Angela Merkel condanna la violenza contro la popolazione libica”
Finché non mi viene in mente il cognome non ho possibilità.

Al terzo piano nell'appartamento vuoto rimbombano i tuoni che annunciano la pioggia. Vibrano i vetri delle finestre mal fissate e su pareti senza mobili il suono dipinge un fulmine di ombra che, eccolo lì, pochi secondi ed è pronto. Uno specchio, cornice di legno, un grosso specchio poggia sul pavimento, mattonelle rovinate. Tutto quel vuoto non riesce a specchiarsi e si perde nel ricordo di chi “ma non potremmo affittarlo quell'appartamento?” e di chi “fra due mesi nostra figlia compie diciotto anni, non sarebbe un bel regalo?”. Poi un altro tuono e vibrano le mattonelle e sotto Angela sente un gran fracasso. Apre la finestra e un istante di vuoto nella sua scatola cranica le fa chiudere gli occhi. Riprende l'equilibrio riaprendoli e fissa di sotto. Se cadesse da quell'altezza probabilmente si romperebbe solo una gamba. O un braccio. O la testa. Che pazzo pazzo pensiero, troppo vino rosso, da domani si beve solo bianco. Pazzo pazzo pensiero. Non gliela darebbe mai questa soddisfazione, ah, perché, ne è sicura, lui sarebbe contento.

La devo smettere di pensare ad Angela. Accucciato esplorerò meglio la zona. La prossima volta che la incontrerò per le scale le parlerò e stop. I punti rossi sul radar mi segnalano dei nemici nelle vicinanze. Intanto non ho niente da perdere. Una raffica di mitragliatrice e cazzo! Sono morto! Mi tolgo le cuffie con un gesto di stizza e ci vuole tutta la mia pazienza per non scagliarmi contro lo schermo del computer. Sopra Angela ha la tv ad un volume decisamente alto. Angela...

“La Libia si difenderà” sono le parole del rais “Il mediterraneo è il campo di battaglia...Gli interessi degli stati che partecipano a questa battaglia saranno in pericolo per questa loro azione folle che noi definiamo come un'aggressione coloniale dei crociati. Il popolo della Libia affronta con coraggio questa aggressione ed è sostenuto dai popoli arabi, dall'Islam, dai mussulmani, dal popolo dell'America latina e dell'Africa...”
Scenari apocalittici attraversano la mente di Angela mentre si lava i denti. Nel desiderio di trovare una voce aveva alzato il volume della televisione in sala, ma la voce che, sì, finalmente aveva trovato, stava sputando minacce in una lingua che la traduttrice faceva fatica a cogliere. Ci manca solo che l'Italia entri in guerra, pensa avvicinandosi nuovamente alla finestra perché...perché quei tuoni ora facevano più paura. Com'è che non piove? Com'è che non era prevista pioggia? Non sono un po' troppo forti? Un po' troppo ravvicinati? Ma no...ma cosa va a pensare... Se fossimo sotto attacco sicuramente la tv lo direbbe. E poi all'improvviso un altro tuono, più forte, riempe l'appartamento di sopra e si riversa con violenza sulla testa confusa dall'alcol di Angela. E se fosse stato un attacco cosa avrebbe fatto? Dove sarebbe scappata? Come si fa a mettersi in salvo in questi casi?

Infilati i pantaloni del pigiamo sento suonare alla porta. A quest'ora. Mi precipito allo spioncino e Angela. Angela? Angela ha una faccia sconvolta che non le ho mai visto. Ma d'altronde io l'ho incontrata solo poche volte per le scale... “Scusami per l'ora ma è che tutto il mondo che conosco potrebbe scomparire in una notte” Angela è decisamente ubriaca “potrebbe anche essere la mia ultima notte. Sai? Da quando siamo in guerra contro la Libia” La Libia... certo! Hai ragione. E' una situazione così tragica... “Potrei mica restare qua a seguire i telegiornali?” Ci accovacciamo sui divani dividendo la copertina di plaid mentre flash di luce provenienti dal televisore mi illuminano abbracciarla. Si addormenta e io la guardo dormire tutta la notte, mentre i conduttori degli approfondimenti televisivi leggono veline piene di numeri: tot aerei, tot bombardamenti, tot morti.

“Almeno 10 persone sono rimaste uccise nei bombardamenti oggi a Zenten, nella Libia occidentale. Lo riferisce un residente nella città a ovest di Misurata. 'Le forze di Gheddafi hanno bombardato Zenten questa mattina, uccidendo tra 10 e 15 persone', ha detto il testimone contattato telefonicamente.”
“Marta ha scelto wind business per parlare senza limiti con i suoi colleghi, Flavio per stare online tutto il tempo che vuole, Luca per il Black Berry nuovo e la posta...”

venerdì 12 novembre 2010

Lo scrittore Vincent

Vorrei raccontarvi di Vincent lo scrittore.
La storia inizia quando Vincent, già scrittore, conosceva della vita quel tanto per fuggirne. E così riusciva a vivere. Bravo Vincent.
E scivolavano gli eventi e le cose e si rideva molto di più di quel di cui si poteva ridere e molto più di quel che era leggero, leggero diventava.
Vincent scriveva.
Della cosa bella era senz'altro un piacere fare una rapido resoconto, una burla, una parodia; riguardo alla cosa brutta scrivere era una liberazione, una catarsi, era come gettarla via.
Ma una scrittura era difficile e al contempo premeva a Vincent più di ogni altra: si trattava della stesura delle proprie vite.

“D'altronde chi è Vincent? Chi dei tanti può dire con certezza di essere realmente Vincent?” Si chiedeva Vincent seduto a capotavola, in quella tavola imbandita, per loro, per tutti loro, “Tutti i miei Vincent”.

Per scrivere la tua vita non devi necessariamente viverla. Anzi, se la vivi non hai assolutamente il tempo di scriverla. Per scrivere la tua vita devi fare in modo che qualcuno la viva per te. Un altro te. Un altro Vincent.
Vincent è seduto in lacrime sulla panchina dei giardini dell'Acquasola (che nome evocativo!) mentre lei si sta allontanando dopo averlo bruscamente respinto con uno schiaffo anche troppo esplicito.
Un altro Vincent si alza, lascia il proprio corpo a piagnucolare sulla panchina e raggiunge la ragazza che si sta allontanando. Le afferra la mano, l'umore di lei con un tocco di magia (o licenza poetica, che dir si voglia) cambia, e i due spariscono all'orizzonte.
E questo è solo uno dei tanti casi. Di Vincent così ormai ne è pieno il mondo. Vincent ha seminato Vincent ovunque. Ognuno ha la sua vita felice; particolare, unica, complessa, difficile, ma felice.
Sono in contatto? Di sicuro tutti di tanto in tanto, in sogno o anche in quel particolare stato di veglia che chiamiamo sogni a occhi aperti, vanno a trovare Vincent. Ma io ho il sospetto che siano in contatto anche tra di loro. Me ne sono accorto durante la cena. Alcuni si scambiavano occhiate di intesa. La cena. Già...
E' di questo che vi dovrei parlare. La storia di Vincent lo scrittore è segnata dalla cena che una sera organizzò per far incontrare tutti i suoi Vincent sparsi per il mondo. Capirete da voi che la mossa fu alquanto azzardata: fa parte della natura dei sogni quella di essere poco inclini a eventi materiali quali il sedersi a tavola, il mangiare, ma anche il portare il vino e il fare i complimenti per le lasagne. Ma la malinconia da un po' di tempo tormentava il povero Vincent, che perciò decise di fare una riunione di “famiglia”. Filò sorprendentemente tutto liscio. Ci presentammo in molti (glielo dovevamo): intorno a quella tavola eravamo almeno in cinquanta. C'erano le mogli, tante. C'erano un sacco di bambini, chi l'avrebbe mai detto? Ma c'erano anche molte coppie non sposate. Alcune viaggiavano tutto il tempo, altre non si erano mai mosse da Padova, alcune abitavano in città , altre in montagna, c'erano coppie che raccontavano di non essersi mai separati e altre che dicevano di vedersi molto poco durante l'anno, ma di essere contenti ugualmente. Scorrevano fiumi di vino (ah...Vincent!), tutti (a parte un vegetariano!) si abbuffavano di lasagne e arrosto e regnava il buon umore. C'ero io. Vincent sostiene di essere lui a prendersi cura di noi, ma io penso che la cosa sia sempre stata reciproca.
Quella sera se ne stava seduto a capotavola pensieroso, non capiva come tutti quei Vincent così diversi tra loro potessero andare d'accordo. “Qual'è il punto in comune? Perché banchettano allegramente invece di litigare su punti di vista diversi?” “Io” pensava “litigherei più o meno con tutti”. “Ma in fin dei conti perché mi stupisco? Sono stato io a dar loro il vissero felici e contenti. E di che mi lamento? Mi dà fastidio? Dovevo pensarci prima. Forse dovrei semplicemente lasciarli andare, dimenticarli, dimenticare le loro storie e così di colpo morirebbero tutti. Cena con sterminio. Donne e bambini compresi. Non si può. Non sono un mostro. Uno scrittore ha dei doveri. Ma forse...”
Avete presente quando tutti gli invitati ad una festa uscendo prendono gli ombrelli a caso e all'ultimo tocca l'ombrello più sfigato? Uscendo dalla casa di Vincent successe qualcosa di analogo, ma la posta in palio non fu l'ombrello, ma la vita. Io mi attardai, ero in bagno, e quando tutti, preso il cappotto e l'ombrello, uscirono, mi resi conto che in casa non c'era più nessuno, neanche Vincent lo scrittore. Lì per lì il paradosso mi fece quasi svanire. Io: proiezione, sogno, personaggio senza scrittore potevo forse esistere? Poi pensai che se ero riuscito a cenare con il mio autore forse potevo anche scrivere la sua storia. Ed eccomi qua, a raccontarvi di colui che stanco di sognare vite non vissute riuscì a prendere il posto di uno dei suoi sogni, eccomi qua a scrivere di Vincent lo scrittore.

Photography by Fernanda Veron

lunedì 9 agosto 2010

Ritorno a Cafarnao


Scivola nuda tra il materasso ed il lenzuolo. Con un balzo è già sopra le scarpe. Da ginnastica, piccole, slacciate. Controlla l'ora, è tardi, deve tornare a lavoro. Poi con un tuffo ricasca sul letto a pochi centimetri dal mio viso e mi sussurra in un orecchio.

-Mi ami?-
-Ti voglio bene.-

Non potevo scegliere risposta peggiore.
Si fa scura in volto e scosta di scatto la testa indietro. Lo stupore l'ammutolisce, ma il suo sguardo comincia ad accusarmi. Sto per porgerle le mie scuse quando parte la suoneria del suo cellulare e tutto, a parte la musichetta, si blocca. Qualche secondo dopo, senza distogliere gli occhi dai miei, Elisa allunga finalmente la mano sul comodino e risponde al telefono. Dapprima continua a fissarmi, poi, di punto in bianco, si concentra sulla telefonata e mi lascia libero di riflettere.
So il perché di quella mia risposta, so che è stata una risposta automatica, d'istinto. Sto lavorando ad un saggio sull'apparizione di Cristo presso il lago di Tiberiade e, secondo l'ultima traduzione del vangelo di Giovanni, alla stessa domanda del rabbì, la mia è state la risposta di Pietro. Elisa però non si accontenterà di questa spiegazione, dovrò trovare qualcosa di meglio. Mah... La telefonata sembra andare per le lunghe, ne approfitto per alzarmi, indossare i boxer sul pavimento e dirigermi al netbook. Un nuovo messaggio: il mio ex professore si congratula per la scelta dell'argomento del saggio. “E' bellissimo” dice “che Gesù abbia scelto Simon Pietro per tramandare il suo ministero. Non è stato Paolo il saggio il primo Papa, bensì Simon Pietro il pescatore, l'ignorante, l'irruento...”. E' bellissimo dice, e avrà ragione, ma a me un po' questa cosa infastidisce. Io che sono così pacato, che rifletto a lungo prima di ogni parola, che mi vanto di essere un intellettuale, non posso che essere turbato dal fatto che il discepolo prediletto di Gesù fosse un cafone. Forse è per questo motivo che non riesco a togliermi questo passo del vangelo dalla testa. Sarà una buona idea scrivere proprio di ciò?
Ho altre tre e-mail, per lo più pubblicità, e due inviti su facebook a serate in locali genovesi. Cancello velocemente tutto, sempre infastidito, ma non so più per cosa. Devo pensare ad una spiegazione per Elisa. Lei ora è in bagno che testa con la mano non occupata dal telefono la temperatura della doccia. E' di fretta. Dalla porta socchiusa la si vede posare il telefono ed entrare velocemente nel box già appannato. Il viso sembra triste, starà ripensando a quello che le ho detto. Triste per qualche parola, afflitta per sentirmi distante...melanconica al pensiero che cinque anni fa eravamo solamente io e lei e tutto il mondo fuori non esisteva. Poi c'è stato il mio primo libro, il successo, due anni di vita in cui ero una celebrità ci hanno allontanati perché pian piano mi stavo innamorando della mia immagine da scrittore. Innamorando della mia immagine da scrittore: belle parole. Forse anche vere. Le feste nei locali, scrivere da ubriaco, tre giorni con le tapparelle della case tirate giù perché ero in vena e non volevo distrazioni, le prostitute perché per poterne scrivere dovevo averne esperienza. Quelle penso che non me l'abbia mai perdonate. Poi la scuola di regia, altri due anni, altro innamoramento. I miei romanzi erano costruiti descrivendo immagini, perché allora non lavorare con le immagini? Svegliarsi presto, andare a lezione, girare corti, il montaggio, il doppiaggio, effetti di transizione...penso che tutta la mia vita stesse girando intorno ad una videocamera digitale da 500 euro. Mai fatto migliore acquisto, pensavo. Poi la conversione religiosa, un anno fa, in Israele. Mettere a confronto il vangelo con il corano e il talmud ed imparare da tutti gli insegnamenti. Vivere come cristiano in terra santa, sotto lo stesso cielo che secoli prima aveva visto Gesù. Vivere come lui. Farne il mio rabbì. Ho amato tutto ciò così come lo deve avere amato Pietro. Poi tutto è finito. Gesù è morto con l'umiliazione della croce, solo, rinnegato e forse Pietro, un tempo ottimo pescatore, pensa a chi gliel'ha fatto fare di perdere così tanto tempo dietro quell'innamoramento. E per me? Non ho più voglia di andare a messa, ho un saggio che non si scrive, due inviti su facebook e una fidanzata incazzata in bagno. Non ho visto Gesù morire in croce tra urla strazianti che non riuscivo ad ascoltare, ma l'ho visto pian piano dissolversi nella vita quotidiana. Il vangelo tascabile che mi ero comprato non so più che fine abbia fatto. Dev'essere in uno scatolone accanto a quelli dei miei libri ancora invenduti. O in qualche cartella dell'hard disk tra “post-produzione” e “materiale da montare”. O in bagno incazzato. Resti di vita passata, penso, mentre Elisa esce dal bagno avvolta in un asciugamano gemello di quello con il quale si asciuga i capelli.
-Insomma non mi ami?-
-No, ti ho amato, ma ora ti voglio bene-
Mi soffermo a seguire il tragitto di una goccia dal ginocchio al piede, tanto per non guardarla in viso. E riprendo a scrivere.
Cafarnao negli anni in cui era mancato non era cambiata di una virgola. Quei venti metri che dividevano la sua casa dal tempio, attraversati mille volte per una stupida devozione e altre mille volte per rinchiudersi tra mura solide e sicure nella speranza di sfuggire ad un peccato che sembrava celarsi dietro ogni angolo. Quel tempio che il rabbì aveva ridicolizzato pretendeva di fare di nuovo paura. Ma come poteva? E come poteva ora Simon Pietro risedersi intorno alla sua tavola vuota quando questa aveva visto fraterni banchetti? Tutto era uguale, ma tutto era cambiato. Sulla spiaggia c'erano ancora, abbandonate, le reti con le quali si guadagnava da vivere. Il vento le aveva attorcigliate, ma lui in mezza giornata avrebbe saputo scioglierle. Mezza giornata: un'infinità di tempo ora che aveva imparato a misurarlo in ore e minuti. Ma cos'altro poteva fare? La parentesi si era chiusa, il Messia era morto da uomo, impotente e bugiardo, e ora nessuno più avrebbe creduto in lui. “Persino io” pensava “nonostante fossi stato avvertito, persino io l'ho rinnegato per ben tre volte in pochi minuti. Il suo ultimo miracolo è stata la predizione della mia debolezza. Che finale! Ora si torna a pescare.” Era ormai mezzogiorno, se questa notte voleva prendere il largo doveva cominciare a preparare il tutto. Tentò di congedarsi dagli amici che lo avevano seguito, ma Giovanni non voleva sentire ragioni: “Verremo anche noi, non ti lasceremo solo”. “Resti di vita passata”, pensava, nel vederli districarsi goffamente con i nodi delle reti. La loro presenza lo infastidiva, come avrebbe potuto chiudere quella parentesi se loro non si levavano dai coglioni. Lo chiamavano Pietro, ma il pescatore era Simone. E Pietro e Simone erano due persone molto diverse tra loro, presto l'avrebbero appreso. A notte inoltrata, più tardi del previsto, gettarono le reti al largo più e più volte senza che nessun pesce ne fosse catturato. L'alba sorgeva, quell'alba di molti anni prima in cui lui sarebbe dovuto tornare a casa a mani vuote per una pesca, come a volte succedeva, fallimentare. “Getta le reti dall'altra parte”, gli era stato invece detto.
-Getta le reti dall'altra parte- sentiva invece ora nuovamente.
-Getta le reti dall'altra parte- era nuovamente la voce di Gesù.
Si voltò esterrefatto perché gli occhi potessero avere conferma: era lui, lo sguardo degli amici era una conferma ben maggiore di quella che ogni suo senso gli potesse dare.
Dopo pochi lunghissimi istanti tutti i presenti si erano già attivati per eseguire l'ordine del rabbì, ma l'istinto era un altro. L'istinto muoveva Pietro a scaraventarsi giù dalla barca, correre con l'acqua alla cinta verso quella figura e scagliarvisi contro con tutta la forza che aveva. Traditore! Bugiardo! Debole! Inutile! Lo spinse facendolo cadere a terra, il colpo attutito dai pochi centimetri di acqua, più schizzi che altro. Mai aveva pensato di alzare le mani contro il suo rabbì, ora l'aveva fatto. Ed era stato facile, bello, liberatorio, perché non continuare? Era pronto a sferrare un pugno non appena quell'omino si fosse alzato e di certo l'avrebbe fatto se...
-Pietro, mi ami?-
Bastarono queste poche parole, questo difficile interrogativo, per placare di botto l'ira del discepolo. Gli altri dietro, ancora sulla barca, stavano ora pescando, e forse non avevano neanche notato la scena. Le pulsazioni diminuivano, tornava la calma. Pietro tese la mano a Gesù e lo aiutò ad alzarsi.
Ti ho senz'altro amato, pensava, ti ho amato più di ogni altra cosa, ti ho amato come non pensavo si potesse amare, ma ora...cosa resta?...un fantasma che mi tormenta. Se solo decidesse di apparire al mondo intero, se solo...si potrebbe...non lo farà. Resti di vita.
-Ti voglio bene, Signore-
Erano in piedi entrambi, uno di fronte all'altro, bagnati, Gesù l'abbracciò.
-Pietro, mi ami?-
Non sapevo per chi vivere, ho vissuto per te, ma ora? Non discuto il volere di Dio, ma non ti amo.
-Ti voglio bene, Signore-
I due si avviarono a riva, seguiti da quei pescatori improvvisati che, alla prima uscita, avevano racimolato 153 pesci. Un altro miracolo senza testimoni, un altro motivo per incazzarsi. Fecero un fuoco e mangiarono tutti insieme un'ultima volta, allegramente, come se il rabbì fosse vivo e niente fosse cambiato. C'erano tutti tranne Pietro che, non visto, si era allontanato dalla luce del fuoco ed era andato a preparare le reti per il giorno successivo. Presto fu raggiunto da Gesù.
-Mi dispiace, rabbì, mi dispiace di non potermi unire agli altri, mi dispiace di non poter celebrare la tua resurrezione...mi...-
-Pietro, mi vuoi bene?-
-Già lo sai-
-Allora pasci le mie pecorelle. Non chiedere scusa per ciò che non dipende da te, non dispiacerti per quel che sei. Quello che di me ti resta, proteggilo, ma quello che è andato, lascialo andare. Ora devi vivere a Cafarnao.-
Pietro rincuorato, anche se sempre un po' perplesso, salutò il Signore e raggiunse gli altri intorno al fuoco. Tommaso gli fece l'occhiolino sorridendogli e Natanaele gli porse un ultimo spiedo con un grosso pesce. Era troppo bruciacchiato, sicuramente si era perso in chiacchiere dimenticandoselo sul fuoco.
-Vedi di non lamentarti- gli disse l'amico -Ti va già bene che è restato qualcosa-

C'è un messaggio sul cellulare, è di Elisa, mi chiede se questa sera mi va di cenare fuori. Sorrido felice e le scrivo: “Già lo sai”.
Anche perché mi è venuta un gran voglia di pesce.

giovedì 1 aprile 2010

Getsemani


Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Ed
entrato in agonia, pregava più intensamente. Il suo sudore 
divenne come gocce di sangue che cadevano a terra”
 Lc 22,43-44


Non si voltò perché quei passi li conosceva fin troppo bene. Attese per pochi lunghi istanti su quell'umida terra, poi fu raggiunto. L'amico gli si sedette accanto, gambe parallele, ginocchia alte e braccia appoggiate su di esse; un ulivo copriva il cielo ad entrambi.

-Gabriele...-
-Signore.-
-Mi...mi dispiace-
-Di cosa? Di aver voluto fare tutto di testa tua? Di esserti intestardito nel voler mostrare all'uomo un padre troppo debole per essere accettato? O di non essere ancora riuscito a comprendere i tuoi figli?-
Il rabbì chiuse gli occhi per alcuni secondi e nel riaprirli afferrò la tazza di vino che era appoggiata tra due pietre alla sua sinistra. La strinse nelle mani e si perse nell'osservarne il rosso contenuto.
-Di tutto ciò. Ma più di ogni cosa mi dispiace per te, Gabriele. So che sognavi un altro ruolo in questa vicenda. Sarebbe stato bellissimo vederti entrare nel tempio al comando di dodici legioni di angeli. Avresti suonato il corno che annunciava la mia venuta e io, su una nuvola, avrei piegato le gambe di chi mi vuole prendere a calci.-
Bevve due sorsate di quel vino e altrettante ne offrì all'amico. I volti per un attimo si distesero.
-Ci puoi scommettere: lo spettacolo avrebbe lasciato senza parole tutta Gerusalemme. I tuoi discepoli, quelli che ora dormono, sarebbero stati incoronati re tra piogge di polvere celeste e dorate eruzioni dalla terra.-
Risero entrambi immaginando nei particolari l'arrivo del Signore degli Eserciti in Israele, ma presto il volto del rabbì divenne nuovamente scuro. Nel vederlo così l'amico gli mise un braccio sulle spalle e gli chiese: -Vorresti quindi tornare indietro?-

Era la domanda senza risposta.

-Gabriele, abbiamo fatto sogni in comune per più notti di quelle che puoi immaginare. Nel deserto ho capito che tipo di Messia sarei dovuto essere, ma una parte di me non ha mai accettato questa decisione. Ogni volta che mi lasciavo andare ad un miracolo provavo l'ebbrezza del potere e avevo la sensazione di aver oltrepassato quel limite, quel punto di non ritorno. Mi dicevo: “Ho sbagliato. Ho ormai mostrato la potenza del padre, ne saranno per sempre schiavi”. Ma misto al senso di colpa avvertivo piacevoli emozioni. Poi l'uomo dava dimostrazione di cecità e io tiravo un sospiro di sollievo. Mi ricomponevo. Tornavo in me e la mia missione mi riappariva chiara e stupenda. Ma ora...ora che, come te dici, è evidente il mio fallimento, ora che mi rimane solo un ultimo tentativo... Devo rifletterci bene...perché il rischio...il rischio...-
-Il rischio- lo interruppe Gabriele -è quello di creare un popolo di orfani.-

Seguirono lunghi momenti di silenzio nei quali l'angelo poté apprendere la sofferenza del suo Signore. La diapedesi trasformò il sudore del rabbì in sangue gocciolante sulla fredda terra. Era questo un anticipo delle sofferenze della carne che presto avrebbe dovuto subire. Ma di ciò non era preoccupato. Gli insulti a cui sarebbe andato incontro erano parole vuote, le frustate passeggere, la croce una maledizione superstiziosa. Ma il dubbio era atroce. Sanguinava per esso. Sanguinava a causa di esso. Ed era, questo, sangue vero.

Fu Gabriele ad interrompere l'angoscioso stallo. Non resistette alla vista del suo Signore ridotto in quello stato e d'impulso si allungò per afferrare la tazza di vino in terra. Ci si specchiò per un istante: il suo volto era rigato da lacrime. Bevve l'intero contenuto della tazza per cancellare il suo pianto. -Fa che possano bere il tuo sangue. Fa che possano mangiare la tua carne. E vedrai che non sarà stato tutto inutile. Urlerai il tuo nome dalla croce e nessuno potrà fare a meno di sentirlo. Quando tornerai tutti capiranno di essere tuoi figli, comprenderanno che il loro padre li amava fino a dare la vita per loro e tutti si ameranno in ugual maniera. Accudiranno la tua memoria, la faranno crescere ed essa maturerà in tutto il mondo. E soprattutto non avranno più paura di Dio, nessuno più vivrà nell'ombra del proprio senso di colpa perché capirà di essere già stato perdonato, nessuno si sentirà schiavo, tutti capiranno di essere figli voluti, amati, accettati in tutto e per tutto-

Si stesero entrambi sotto l'ulivo, Gesù non pareva totalmente convinto del discorso dell'amico, ma era comunque un po' più sereno: “Ora sembri te quello che non conosce gli uomini. Dovrei farti passare un po' di tempo qua giù, tanto perché tu veda cosa saranno capaci di fare in mio nome. Ma una cosa è vera, se anche una persona sola in tutto il mondo vivrà secondo il tuo augurio, la mia missione non sarà stata un fallimento totale”.