Di tutte le vicissitudini che mi sono fin'ora capitate questa è di gran lunga la più assurda ed improbabile. Poco tempo fa, mentre mi districavo tra pensieri sul copyright e sull'editoria, suonarono alla porta della mia umile casetta. L'inatteso visitatore si rivelò essere un vecchio monaco amanuense venuto a passare i suoi ultimi inverni presso di me. Colto alla sprovvista non seppi come obiettare a tale pretesa e di lì a poco tempo le mie stanze si riempirono di curvi monaci scriventi. Ora, sebbene io abbia consapevolezza che queste austere figure probabilmente non siano altro che un parto della mia mente, tuttavia mi riterrei ugualmente sgarbato a suggerire loro di tornare nella loro non esistenza. Perciò mi ritrovo, miei cari amici, nella spiacevole situazione di chi per vedere la TV sul divano la sera deve concordare il programma con un'intero monastero.

sabato 17 novembre 2007

F. ama parlare con gli altri

Aspetta. Ssh! Hai sentito niente?
si volta di scatto verso di me
Lo senti? Lo senti? Sta sussurrando. Ssh! Ascolta... Ce l'ha con me.
No, niente di particolare, che vuoi che ti dica? S'è fissato.
sorride
Mi ha visto in un bar qualche tempo fa, ero solo e si è seduto accanto a me. Abbiamo parlato per più di due ore. Simpatico, non c'è che dire, mi ha anche offerto da bere. Poi ci siamo salutati.
cammina
si allontana, lo seguo

La notte mi sveglio e me lo ritrovo a gambe incrociate in fondo al letto. Doveva essere qualcosa tipo un angelo perché aveva tutto un piumaggio di ali che non ti dico. Le spalanca che dovevi vederlo, una meraviglia, quasi non ci stavano nella stanza.
F. allarga le braccia e le muove su e giù
A quel punto uno pensa anche di essere morto. Si fa un segno della croce e buonanotte; vediamo un po' che c'è nell'aldilà. Ma quello, credici, se ne sta zitto per più di un'ora a fissarmi dall'altra parte del letto. Immobile, tutto impettito, con quello sguardo vuoto come un deficiente.
Si guarda in giro, nessuno l'ha sentito
Ora, quello che voglio dire: uno mica fa tutta sta apparizione per starsene in silenzio, no? E invece niente. Quello non rispondeva. Tanto che dopo un po' mi dico: che non sia questo l'aldilà? Boh?
incrociamo D., si salutano
Al chè mi alzo, vado a fare un po' di acqua al cesso, tanto per farmi un'idea. Oh! Tutto normale. Scrollata, sciacquone, tutte cose che secondo me in paradiso non ci stanno mica. Poi torno in camera e lo trovo ancora lì. Preciso dove l'avevo lasciato. O buon Dio. Mi fissa. Roba che gli è andata anche bene che era un angelo perché io quella gente che ti guarda così mica la sopporto poi tanto.
sorrido
E no. Tu ora mi vedi qua tutto cheto, ma guarda che i miei casini io li ho fatti. Non che mi mettessi a picchiare un angelo, però. Anche perché la fede quando ero giovane non ce l'avevo tanto, ma il rispetto, quello sì. Lo capivo che altri ci credevano.
e quindi?
E quindi niente. Cosa potevo fare? Mi sono sdraiato di nuovo, con le gambe un po' rannicchiate, e mi sono riaddormentato. Boh! Quello non parlava...
F. si siede su una panchina in giardino
io con lui

Che poi chissà quanti calci gli ho tirato durante la notte? Mi dispiace, io mi muovo sempre tanto nel sonno. Ma scusami, ti sto annoiando, vengo al dunque. La mattina, mentre mi stavo alzando per andare a fare colazione, quello mi parla. Com'è che ha detto? Qualcosa tipo: “E' giunto il tuo momento Franco. Il Signore ti vuole con Sé. Mi ha mandato qua affinché io ti conduca a Lui”. Tutto con un tono solenne. Dovevi sentirlo.
scuote le spalle
Gente strana gli angeli. Me lo diceva prima e si risparmiava di stare tutta la notte seduto senza neanche appoggiare la schiena. Io non sarei sopravvissuto, che già soffro di reumatismi. Comunque, stavo lì pronto a farmi il segno della croce, tanto per convenzione, quando il tizio sbatte le ali, si alza in volo fino al soffitto e mi dice: “Ma tu, Franco, in vita sei stato buono. Perciò ti concederò ancora qualche giorno. Questo tempo dovrai usarlo per salutare le persone a te care e congedarti dal mondo”
e l'hai fatto?
Col cazzo! Scusami il termine. Ma metti che quello abbia ragione e quando saluto tutti torna e mi porta via. Oh! Io il rischio non lo corro. Così sono uscito subito di casa e senza passare dal bar sono venuto dritto dritto qua. Ssh! Senti?
non sento
Continua a dirmi che mi manca poco tempo, che prestò morirò. Palle. Sono ormai anni che va avanti con questa tiritera: “La tua ora sta per arrivare”; “Sto venendo a prenderti”; “Preparati ad abbandonare tutto”. Ormai non ci crede più nessuno.
forse la storia del destino è uno stratagemma di un nostro fantasma per convincere gli altri a seguirlo
O forse lassù non sono tanto furbi.

venerdì 9 novembre 2007

Titolo: Baricco


Svolgimento

Un po' di tempo fa mi capitò tra le mani un'intervista a Pietro Citati. La mia attenzione fu subito catturata dall'ultima domanda: "Qual'è secondo lei attualmente il peggior scrittore?". La risposta fu secca: Baricco. Il critico, per altro noto per la sua mancanza di mezze misure, disse che lo scrittore torinese aveva una pessima prosa, una sintassi spesso scorretta e che dubitava anche della sua conoscenza della lingua. Io molto tempo addietro, quando ancora non era conosciuto da nessuno, consideravo il giovane autore di Castelli di Rabbia e di Oceano Mare un esempio da seguire. Il suo modo di scrivere era fresco e spontaneo, innovativo direi. Non aveva assolutamente l'eleganza degli inglesi o la forza espressiva dei russi, ma lo trovavo molto italiano. Ora di questa mia definizione non ricordo neanche più il motivo e d'altronde ben presto, ben prima dell'intervista a Citati, il mio amore per Baricco si era dissolto. A logorarlo fu certo la sua fama, la mia invidia di scrittore non emerso non mi permette di stimare alcun collega di successo, almeno che non sia morto. Anche il fatto che non mi piacessero un granché i suoi libri poi non ha aiutato. Scritti bene, sì, ma per il resto... Eppure quelle parole di Citati per me erano una pugnalata, non riuscivo a staccare gli occhi dalle righe del giornale. Mi si annebbiava la vista e mi sentivo ritornare sui banchi di scuola. Tra le mani avevo un protocollo con un grande 2 scritto in rosso sulla prima pagina. Quel tema mi era costato quattro ora di sudore, perché non è facile scrivere in maniera comprensibile un flusso di pensiero, perché non è facile fare a meno della punteggiatura. Ma quel tema era costato fatica anche al professore perché non è facile aggiungere tutta la punteggiatura ad un testo scritto per non averla. Si doveva essere sforzato parecchio, il voto ne era una buona testimonianza. Ma perché l'aveva fatto? Glielo chiesi. Gli chiesi perché una scrittura del genere non poteva essere utilizzata in un tema delle superiori.

-Come faccio a correggerti la punteggiatura- mi rispose -se non la metti?-

Il giorno che lessi l'intervista a Pietro Citati mi risentii vicino a Baricco. In fin dei conti bastava un grande 2 scritto in rosso sulla prima pagina a fare di
Barnum un bel libro.

Ora a ricordare il tutto penso che Baricco non sia questo grande sperimentatore, ma che almeno ci provi. Che forse se dobbiamo trovare l'autore che più ci ha insegnato la purificazione dalle regole grammaticali e sintattiche dobbiamo scomodare Kerouac. Che ci sono diversi esempi di scrittura veramente creativa, ma che in generale la letteratura rimane un campo in cui regna la tradizione. Che rimarrò sempre affezionato a Baricco per quello che per me rappresenta. Che tutto sommato non mi sento baricchiano, ma mi fa comunque piacere che altri lo pensino. Che mi fa ancora più piacere l'originale paragone con Benni e che vorrei riuscire a scrivere come lui. Che non lo so ancora fare. Che in realtà punto a far meglio. E altro.

lunedì 5 novembre 2007

Del perdere l'identità: il risveglio di J.

Raccontami di lui.
Dimmi perché hai aspettato tutto questo tempo.
Ma non potrei capire, il tuo sguardo non lo conosco.

-Tieni questa fede, portargliela. Digli che fra quarantotto ore me ne andrò e non mi rivedrà mai più; lo so, non è la prima volta che faccio questa promessa, ma sarà l'ultima.

Siete sposati. E non da tanto, leggo sulla fede.
Alla fine ce l'aveva fatta. Quell'interminabile notte era finita.
Non era stato semplice lasciare le sicurezze del giorno, non può esserlo mai. Come si fa ad abbandonare tutto ciò che si sa di sé per tuffarsi nell'ignoto del sogno? Ogni volta che chiudiamo gli occhi con un certo timore preghiamo Dio, o chi per Lui, di far risvegliare nel letto la stessa persona che si è addormentata. La paura del buio che avevamo da bambini non è mai passata. Accendiamo più luci possibili e preghiamo che di notte non si spengano, perché sappiamo che lì dove arriva la nostra scienza non si può nascondere il mostro che ci condurrà alla morte. È per questo che accumuliamo i piccoli tasselli della nostra identità come i libri sui scaffali o i pezzi di arredamento della nostra casetta ideale. Li difendiamo. Sono gli orsacchiotti che la notte combattono contro l'uomo nero, contro l'ignoto. Il comunismo ci dice di non essere nessuno, la proprietà privata di essere sempre gli stessi. Sogno una terza via che suggerisca il possesso e la perdita. Essere troppo affezionati alla nascita biologica è da stupidi. Portarsi in giro un fardello pluridecennale da masochisti. Sono sicuro che se un giorno riuscissi a dimenticarmi troverei il coraggio di dire a Susan che Jack è un debole, uno che ha lasciato perdere, che non ha retto la tensione di vivere liberamente. Quel giorno mi proporrei io al suo posto dicendole che mi merita, che finalmente mi ha trovato. Ma se questi monaci sono un sogno, allora io mi sono appena addormentato. Il risveglio è lontano.

Passeggio la notte in strade vene del mio corpo, mischio il mio sangue con l’uomo che abita questo silenzio per poter urlare: un’imprecazione è quel tanto che basta per concedermi un perdono, mi accetterò?
Passeggio la notte e nessuno mi è più estraneo, nel silenzio gli altri han la mia voce.

Solo il tempo di un ultimo saluto.

-Siamo giunti alla solitudine, cara, qua ci dividiamo. L’appuntamento è fissato a domani mattina ma nessuno di noi ci pensi troppo. Chi di noi riuscirà a svegliarsi senza odiarsi? Domani saremo estranei, neanche ti incontrerò-
-Non andare. Non lasciarmi. Tutto ciò che non sei stato, caro, questa notte ancora non sarai-
-Bestemmierò-
-Non ti basterà, in troppi e per troppo tempo l’han già fatto, non ti basterà-
-Ucciderò-
-Non ti servirà, urleranno solo più forte mentre li massacrerai, non ti servirà-
-In fondo, cara, tutto ciò che non sono stato non ho mai voluto essere-
-Sì, è vero, e di ciò mai riuscirai a perdonarti-

Il rumore della giornata scompare se lo si riascolta di notte, il ricordo ha esperienza, non si lascia distrarre, ogni parola pronunciata ora è un fastidioso eco.

Alla fine del viale mi ferma un uomo con un braccio teso, il palmo aperto contiene due occhi, l’uomo è cieco.
-Erano diversi- mi dice -in quello di destra la palpebra pendeva maggiormente, ho dovuto farlo-
L’uomo domani mattina sarà un mendicante, io ne avrò compassione e gli farò l’elemosina, l’uomo mi ringrazierà, mi raccomanderà a Dio e lo benedirà, ma Dio qua non c’entra proprio niente schifoso mendicante, i soldi te li sto dando io, io ti sto salvando dalla fame, non lui.

Il mendicante sparisce e al suo posto compare la mia cara, rossovestita, bellissima.
Mi parla: -Girando a sinistra, percorrendo cento metri, sulla destra c’è una casa con una lanterna rossa appesa ad ogni finestra, se vuoi conforto vai lì-
-E te?-
- Io andrò in chiesa a pregare perché il mio uomo ritorni da me-
Dio non mi terrà lontano da quella casa.
Giro a sinistra, percorro cento metri, sulla destra entro in una casa con una lanterna rossa appesa ad ogni finestra. Dopo due passi mi ferma un uomo, la sua mano sul mio petto:
-Ruba qualcosa e sentirai un’ebbrezza al momento del furto per la coscienza della tua vigliaccheria; non sarà l’atto vile che amerai, ma la coscienza tormentosa della tua bassezza-
-Demonio, vai via! Lasciami entrare!-
-E perché dovrei?-
-Ho dei soldi, guarda, ho ancora un sacco di soldi-
-E lei, quando avrai perso tutto ciò che hai ti amerà ancora?-
-Lei non ama i miei soldi-
-Ah! Entra e lo scoprirai-
L’uomo ride, l’uomo non sa che lei sta pregando per me, l’uomo però sembra sapere cosa di me lei ama, io entrerò e magari lo scoprirò.

Corpi nudi intorno a me si aggrovigliano ritmicamente, lei, Susan, mi tende le braccia di un corpo così nudo da non poter accettare, da voler spogliare. Non può essere tutto qua. La bocca è leggermente aperta in un volto altrimenti vuoto. La passione, la passione mi fa lentamente scivolare in un passivo consenso al suo desiderio, in un ritmo che sa di morte, in una ripetizione che sa di mancanza, di promesse infrante. Agire mi disgusta, ma l’inerzia è ipnotica e non sono goffo, esitante e maldestro come al solito, sono predatore e potente, sono un animale. Cerco Susan nel deserto volto, ma in lei vedo una cadenzata e bestiale metamorfosi, il nostro amore ha i lineamenti del mostro, rimane solo da decidere chi di noi faccia da specchio all’altro. Non posso accettarlo, dovrò ucciderla al termine della sua trasformazione. Ormai mi è tutto chiaro, solo così lei sarà punita, sacrificata e io diventerò peccatore, il più basso degli uomini, solo così dolci tenebre mi avvolgeranno e proteggeranno per tutta la vita. Rinnegato, all’ombra di Dio, rinascerò dal fondo. Rivoglio il mio peccato originale, la sicurezza di un posto prenotato in uno dei tanti gironi infernali; questo è il mio battesimo al contrario.

Ma esito.

Esito.

-Cosa aspetti?- mi incita l’essere deforme che tengo tra le mani.

Cosa aspetto? Forse un angelo che fermi la mano di Abramo nell’atto di sacrificare suo figlio.
Forse una tua risata a ricordarmi quanto sono impacciato.
Cosa aspetto?
Di imparare da te il mio corpo, di sentirlo desiderato, di poter credere che si possa amare l’altro, il diverso.

Aspetto qualcuno a cui gettare questa mia identità perché io non ce la faccio più a proteggerla.

-Susan, per quanto ancora dovremo abbassarci, ridurci alla ricerca di un comune denominatore?-.
-Stupido, per tutto il tempo in cui difenderai quel tuo straccio di identità- risponde sfumando il tutto davanti a me.

Il sole pian piano brucia la cortina di sonno faticosamente eretta, vedo la luce ed è nuovamente la prima volta. Accanto a me lei, la mia cara, Susan. La bacio sulle labbra ancora serrate per cogliere l’ultimo sapore dei suoi sogni. I suoi occhi troppo a lungo celati da gelose palpebre sbocciano a dimostrazione di unicità, è alba anche sul suo viso e rosee colline formano le guance seguendo l’arricciarsi del suo naso. Il mondo tace aspettando che la sua voce inauguri la giornata:
-Chi sei?- mi chiede
-Oggi sono tuo marito-
-Solo oggi?- aggiunge sorridendo con un pizzico di malizia
-Ma no, sai com’è, se Dio vuole per sempre-
-Ssch allora. Fai piano e vedrai che Lui non se ne accorgerà-