Invece lei mi dice che dovrei fare qualcosa in casa ogni tanto, non posso passare tutto il tempo al computer. E mi dice di dimagrire e vorrebbe vedermi più di buon umore. Non esco mai di casa. Mi vesto sempre di nero. Il calcio, il calcio è per gente stupida.
Una spallina le scivola giù per il braccio, il vestito le stringe un seno. Vieni qua. Lo afferro, lo stringo e lei si è di nuovo voltata. Guardami. Non lo fa. Guardami. No. Non ci riesci? Non posso. Sta piangendo. Fino a quando non guadagnerai non ci sarà futuro per noi. E' vero. E' triste.
Invece il martedì ha yoga e il giovedì piscina. Io il lunedì vado a giocare a calcio. Il mercoledì ci vediamo con gli amici e c'è il calcio e lo yoga che ci sono già stati e la piscina che ha da venire. E c'è il weekend in cui dobbiamo decidere cosa si fa e poi farlo o rimandarlo. O non farlo, o sognarlo, o solo raccontarlo o non far neanche quello.
Scosta l'altra spallina, trattiene il respiro, pancia in dentro, e si lascia scivolare il vestito fino alle scarpe. Sono rosse, alte, lucide, belle. E' bello che lei le porti. E' bella lei. Te guadagni, hai un lavoro, non ti devi preoccupare di nulla. Sono io il fallito. Non c'è mai stato un noi. Sono io quello che non ha neanche i soldi per una prostituta. Stupido.
Invece ho 110 di diabete e 150 di colesterolo. Sono dentro i parametri, ma per poco. Ho una forte forma di emicrania, ho una leggera discopatia. Lei è celiaca, intollerante ai latticini, è in dieta, la birra la gonfia. Dovrei tenerlo sotto controllo il diabete, ho dei precedenti in famiglia. Lei me lo ricorda.
Le mutandine le incorniciano il sedere. Le spalle nude, robuste ma infreddolite, tremano leggermente. Voltati, dai. Il trucco le è colato lungo le guance in lacrime nere. Il suo seno, il suo ventre, le sue cosce, ogni centimetro della sua pelle nuda mi eccita. E adoro le sue imperfezioni, punteggiatura di una poesia che altrimenti non riuscirei a leggere. Passo una mano sul mascara colato e lo trascino su tutta la guancia. Premo il pollice sul lato destro della sua bocca e lo passo con forza sulle labbra per toglierle il rossetto. Ora è sbavato anch'esso.
Invece mi chiede se si può tenere le calze, siccome ha sempre freddo ai piedi, se non mi da fastidio, in quel caso, se può, eviterebbe di sentire freddo. Il sesso orale non le piace. Ci sono dei tempi e non è solo troppo presto, può anche essere troppo tardi, e non me lo dice prima. E io non lo capisco. E alla fine ho freddo, forse perché io non ho le calze, forse.
Il suo respiro è caldo e lei si sveglia, subito, non stava dormendo. La osservo nuda, seduta sul letto, una gamba raccolta a sé. Si accende una sigaretta e sento il rumore della carta, del tabacco bruciare. Tutti i miei sensi rivolti a quell'incandescenza, quel lento cammino verso le sue labbra, ancora, avamposto del suo corpo. Il resto scompare nel fumo di quella sigaretta, nella nebbia che entra dalla finestra, nel gesto che giù di sotto il mago ha fatto con il palmo della mano, ad un pubblico distratto, dall'ombra di un bicchiere.
Lei esce, mi raggiunge con la mia giacca tra le mani e me la posa sulle spalle, poi mi abbraccia forte, appoggia la testa sulla mia schiena e sussurra: “Scusami, se qualche volta faccio qualcosa di sbagliato”.
Io sono uno stupido.
"Ma la musica che ascolti è il racconto della tua vita. E a volte andrebbe cambiata."