Di tutte le vicissitudini che mi sono fin'ora capitate questa è di gran lunga la più assurda ed improbabile. Poco tempo fa, mentre mi districavo tra pensieri sul copyright e sull'editoria, suonarono alla porta della mia umile casetta. L'inatteso visitatore si rivelò essere un vecchio monaco amanuense venuto a passare i suoi ultimi inverni presso di me. Colto alla sprovvista non seppi come obiettare a tale pretesa e di lì a poco tempo le mie stanze si riempirono di curvi monaci scriventi. Ora, sebbene io abbia consapevolezza che queste austere figure probabilmente non siano altro che un parto della mia mente, tuttavia mi riterrei ugualmente sgarbato a suggerire loro di tornare nella loro non esistenza. Perciò mi ritrovo, miei cari amici, nella spiacevole situazione di chi per vedere la TV sul divano la sera deve concordare il programma con un'intero monastero.

lunedì 9 agosto 2010

Ritorno a Cafarnao


Scivola nuda tra il materasso ed il lenzuolo. Con un balzo è già sopra le scarpe. Da ginnastica, piccole, slacciate. Controlla l'ora, è tardi, deve tornare a lavoro. Poi con un tuffo ricasca sul letto a pochi centimetri dal mio viso e mi sussurra in un orecchio.

-Mi ami?-
-Ti voglio bene.-

Non potevo scegliere risposta peggiore.
Si fa scura in volto e scosta di scatto la testa indietro. Lo stupore l'ammutolisce, ma il suo sguardo comincia ad accusarmi. Sto per porgerle le mie scuse quando parte la suoneria del suo cellulare e tutto, a parte la musichetta, si blocca. Qualche secondo dopo, senza distogliere gli occhi dai miei, Elisa allunga finalmente la mano sul comodino e risponde al telefono. Dapprima continua a fissarmi, poi, di punto in bianco, si concentra sulla telefonata e mi lascia libero di riflettere.
So il perché di quella mia risposta, so che è stata una risposta automatica, d'istinto. Sto lavorando ad un saggio sull'apparizione di Cristo presso il lago di Tiberiade e, secondo l'ultima traduzione del vangelo di Giovanni, alla stessa domanda del rabbì, la mia è state la risposta di Pietro. Elisa però non si accontenterà di questa spiegazione, dovrò trovare qualcosa di meglio. Mah... La telefonata sembra andare per le lunghe, ne approfitto per alzarmi, indossare i boxer sul pavimento e dirigermi al netbook. Un nuovo messaggio: il mio ex professore si congratula per la scelta dell'argomento del saggio. “E' bellissimo” dice “che Gesù abbia scelto Simon Pietro per tramandare il suo ministero. Non è stato Paolo il saggio il primo Papa, bensì Simon Pietro il pescatore, l'ignorante, l'irruento...”. E' bellissimo dice, e avrà ragione, ma a me un po' questa cosa infastidisce. Io che sono così pacato, che rifletto a lungo prima di ogni parola, che mi vanto di essere un intellettuale, non posso che essere turbato dal fatto che il discepolo prediletto di Gesù fosse un cafone. Forse è per questo motivo che non riesco a togliermi questo passo del vangelo dalla testa. Sarà una buona idea scrivere proprio di ciò?
Ho altre tre e-mail, per lo più pubblicità, e due inviti su facebook a serate in locali genovesi. Cancello velocemente tutto, sempre infastidito, ma non so più per cosa. Devo pensare ad una spiegazione per Elisa. Lei ora è in bagno che testa con la mano non occupata dal telefono la temperatura della doccia. E' di fretta. Dalla porta socchiusa la si vede posare il telefono ed entrare velocemente nel box già appannato. Il viso sembra triste, starà ripensando a quello che le ho detto. Triste per qualche parola, afflitta per sentirmi distante...melanconica al pensiero che cinque anni fa eravamo solamente io e lei e tutto il mondo fuori non esisteva. Poi c'è stato il mio primo libro, il successo, due anni di vita in cui ero una celebrità ci hanno allontanati perché pian piano mi stavo innamorando della mia immagine da scrittore. Innamorando della mia immagine da scrittore: belle parole. Forse anche vere. Le feste nei locali, scrivere da ubriaco, tre giorni con le tapparelle della case tirate giù perché ero in vena e non volevo distrazioni, le prostitute perché per poterne scrivere dovevo averne esperienza. Quelle penso che non me l'abbia mai perdonate. Poi la scuola di regia, altri due anni, altro innamoramento. I miei romanzi erano costruiti descrivendo immagini, perché allora non lavorare con le immagini? Svegliarsi presto, andare a lezione, girare corti, il montaggio, il doppiaggio, effetti di transizione...penso che tutta la mia vita stesse girando intorno ad una videocamera digitale da 500 euro. Mai fatto migliore acquisto, pensavo. Poi la conversione religiosa, un anno fa, in Israele. Mettere a confronto il vangelo con il corano e il talmud ed imparare da tutti gli insegnamenti. Vivere come cristiano in terra santa, sotto lo stesso cielo che secoli prima aveva visto Gesù. Vivere come lui. Farne il mio rabbì. Ho amato tutto ciò così come lo deve avere amato Pietro. Poi tutto è finito. Gesù è morto con l'umiliazione della croce, solo, rinnegato e forse Pietro, un tempo ottimo pescatore, pensa a chi gliel'ha fatto fare di perdere così tanto tempo dietro quell'innamoramento. E per me? Non ho più voglia di andare a messa, ho un saggio che non si scrive, due inviti su facebook e una fidanzata incazzata in bagno. Non ho visto Gesù morire in croce tra urla strazianti che non riuscivo ad ascoltare, ma l'ho visto pian piano dissolversi nella vita quotidiana. Il vangelo tascabile che mi ero comprato non so più che fine abbia fatto. Dev'essere in uno scatolone accanto a quelli dei miei libri ancora invenduti. O in qualche cartella dell'hard disk tra “post-produzione” e “materiale da montare”. O in bagno incazzato. Resti di vita passata, penso, mentre Elisa esce dal bagno avvolta in un asciugamano gemello di quello con il quale si asciuga i capelli.
-Insomma non mi ami?-
-No, ti ho amato, ma ora ti voglio bene-
Mi soffermo a seguire il tragitto di una goccia dal ginocchio al piede, tanto per non guardarla in viso. E riprendo a scrivere.
Cafarnao negli anni in cui era mancato non era cambiata di una virgola. Quei venti metri che dividevano la sua casa dal tempio, attraversati mille volte per una stupida devozione e altre mille volte per rinchiudersi tra mura solide e sicure nella speranza di sfuggire ad un peccato che sembrava celarsi dietro ogni angolo. Quel tempio che il rabbì aveva ridicolizzato pretendeva di fare di nuovo paura. Ma come poteva? E come poteva ora Simon Pietro risedersi intorno alla sua tavola vuota quando questa aveva visto fraterni banchetti? Tutto era uguale, ma tutto era cambiato. Sulla spiaggia c'erano ancora, abbandonate, le reti con le quali si guadagnava da vivere. Il vento le aveva attorcigliate, ma lui in mezza giornata avrebbe saputo scioglierle. Mezza giornata: un'infinità di tempo ora che aveva imparato a misurarlo in ore e minuti. Ma cos'altro poteva fare? La parentesi si era chiusa, il Messia era morto da uomo, impotente e bugiardo, e ora nessuno più avrebbe creduto in lui. “Persino io” pensava “nonostante fossi stato avvertito, persino io l'ho rinnegato per ben tre volte in pochi minuti. Il suo ultimo miracolo è stata la predizione della mia debolezza. Che finale! Ora si torna a pescare.” Era ormai mezzogiorno, se questa notte voleva prendere il largo doveva cominciare a preparare il tutto. Tentò di congedarsi dagli amici che lo avevano seguito, ma Giovanni non voleva sentire ragioni: “Verremo anche noi, non ti lasceremo solo”. “Resti di vita passata”, pensava, nel vederli districarsi goffamente con i nodi delle reti. La loro presenza lo infastidiva, come avrebbe potuto chiudere quella parentesi se loro non si levavano dai coglioni. Lo chiamavano Pietro, ma il pescatore era Simone. E Pietro e Simone erano due persone molto diverse tra loro, presto l'avrebbero appreso. A notte inoltrata, più tardi del previsto, gettarono le reti al largo più e più volte senza che nessun pesce ne fosse catturato. L'alba sorgeva, quell'alba di molti anni prima in cui lui sarebbe dovuto tornare a casa a mani vuote per una pesca, come a volte succedeva, fallimentare. “Getta le reti dall'altra parte”, gli era stato invece detto.
-Getta le reti dall'altra parte- sentiva invece ora nuovamente.
-Getta le reti dall'altra parte- era nuovamente la voce di Gesù.
Si voltò esterrefatto perché gli occhi potessero avere conferma: era lui, lo sguardo degli amici era una conferma ben maggiore di quella che ogni suo senso gli potesse dare.
Dopo pochi lunghissimi istanti tutti i presenti si erano già attivati per eseguire l'ordine del rabbì, ma l'istinto era un altro. L'istinto muoveva Pietro a scaraventarsi giù dalla barca, correre con l'acqua alla cinta verso quella figura e scagliarvisi contro con tutta la forza che aveva. Traditore! Bugiardo! Debole! Inutile! Lo spinse facendolo cadere a terra, il colpo attutito dai pochi centimetri di acqua, più schizzi che altro. Mai aveva pensato di alzare le mani contro il suo rabbì, ora l'aveva fatto. Ed era stato facile, bello, liberatorio, perché non continuare? Era pronto a sferrare un pugno non appena quell'omino si fosse alzato e di certo l'avrebbe fatto se...
-Pietro, mi ami?-
Bastarono queste poche parole, questo difficile interrogativo, per placare di botto l'ira del discepolo. Gli altri dietro, ancora sulla barca, stavano ora pescando, e forse non avevano neanche notato la scena. Le pulsazioni diminuivano, tornava la calma. Pietro tese la mano a Gesù e lo aiutò ad alzarsi.
Ti ho senz'altro amato, pensava, ti ho amato più di ogni altra cosa, ti ho amato come non pensavo si potesse amare, ma ora...cosa resta?...un fantasma che mi tormenta. Se solo decidesse di apparire al mondo intero, se solo...si potrebbe...non lo farà. Resti di vita.
-Ti voglio bene, Signore-
Erano in piedi entrambi, uno di fronte all'altro, bagnati, Gesù l'abbracciò.
-Pietro, mi ami?-
Non sapevo per chi vivere, ho vissuto per te, ma ora? Non discuto il volere di Dio, ma non ti amo.
-Ti voglio bene, Signore-
I due si avviarono a riva, seguiti da quei pescatori improvvisati che, alla prima uscita, avevano racimolato 153 pesci. Un altro miracolo senza testimoni, un altro motivo per incazzarsi. Fecero un fuoco e mangiarono tutti insieme un'ultima volta, allegramente, come se il rabbì fosse vivo e niente fosse cambiato. C'erano tutti tranne Pietro che, non visto, si era allontanato dalla luce del fuoco ed era andato a preparare le reti per il giorno successivo. Presto fu raggiunto da Gesù.
-Mi dispiace, rabbì, mi dispiace di non potermi unire agli altri, mi dispiace di non poter celebrare la tua resurrezione...mi...-
-Pietro, mi vuoi bene?-
-Già lo sai-
-Allora pasci le mie pecorelle. Non chiedere scusa per ciò che non dipende da te, non dispiacerti per quel che sei. Quello che di me ti resta, proteggilo, ma quello che è andato, lascialo andare. Ora devi vivere a Cafarnao.-
Pietro rincuorato, anche se sempre un po' perplesso, salutò il Signore e raggiunse gli altri intorno al fuoco. Tommaso gli fece l'occhiolino sorridendogli e Natanaele gli porse un ultimo spiedo con un grosso pesce. Era troppo bruciacchiato, sicuramente si era perso in chiacchiere dimenticandoselo sul fuoco.
-Vedi di non lamentarti- gli disse l'amico -Ti va già bene che è restato qualcosa-

C'è un messaggio sul cellulare, è di Elisa, mi chiede se questa sera mi va di cenare fuori. Sorrido felice e le scrivo: “Già lo sai”.
Anche perché mi è venuta un gran voglia di pesce.

2 commenti:

Matteo Moretti ha detto...

"21 Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. 22 Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: "Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai". 23 Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: "Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!"." (Mt. XVI)



Pietro, in effetti, non aveva mai del tutto accettato il Dio di Gesù, dimesso, umile, sopraffatto, onnipotente ma anche impotente, convinto che ogni vero trionfo passa dalla spendita di sé, senza compromessi, senza rimorsi, senza complessi… Un po’ come noi, in fondo in fondo, sogna un dio diverso, combattivo e padrone del mondo, che domini imperturbabile e pertanto possa garantirgli un’aura di protezione, un trattamento di privilegio, un’ancora di salvezza. Inconsciamente, Pietro conosce già il proprio limite, e lo rivela con le sue stesse parole… Limite nella capacità di amare (Lui che si è seduto alla scuola del Maestro dell’amore) con cui poi si scontrerà faccia a faccia, assumendone piena consapevolezza, e riuscendo conseguentemente ad affrontarlo… È tutto un travaglio, Pietro. È tutto un travaglio… Mi pare di sentirlo quando, anni dopo, dirà "In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, 35 ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto" (At. X). ‘Sto rendendomi conto’, ma invero non ce l’ho ancora fatta… Sono combattutissimo, intravvedo una realtà alla quale però non riesco del tutto ad abbandonarmi, perché resto prigioniero dell’idea di dio che ho nella testa, un dio-non-dio, un dio demoniaco… S. Paolo sa bene che “tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; 23 essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo” (Rm. VIII), e questa difficoltà a sentirsi figli davvero non risparmia neppure chi possiede le primizie dello Spirito! È proprio questo tipo di travaglio interiore del ns. Pietro che sei riuscito a rendere bene nel tuo racconto… Ed è proprio la Sua cifra, forse anche la ns.?, di (aspirante) fedele. Ora basta, chiudo il portatile e mi metto in cammino… Perché anch’io ho voglia di pesce arrostito: nel tuo barbecue!

Anonimo ha detto...

imparato molto