Di tutte le vicissitudini che mi sono fin'ora capitate questa è di gran lunga la più assurda ed improbabile. Poco tempo fa, mentre mi districavo tra pensieri sul copyright e sull'editoria, suonarono alla porta della mia umile casetta. L'inatteso visitatore si rivelò essere un vecchio monaco amanuense venuto a passare i suoi ultimi inverni presso di me. Colto alla sprovvista non seppi come obiettare a tale pretesa e di lì a poco tempo le mie stanze si riempirono di curvi monaci scriventi. Ora, sebbene io abbia consapevolezza che queste austere figure probabilmente non siano altro che un parto della mia mente, tuttavia mi riterrei ugualmente sgarbato a suggerire loro di tornare nella loro non esistenza. Perciò mi ritrovo, miei cari amici, nella spiacevole situazione di chi per vedere la TV sul divano la sera deve concordare il programma con un'intero monastero.

venerdì 12 novembre 2010

Lo scrittore Vincent

Vorrei raccontarvi di Vincent lo scrittore.
La storia inizia quando Vincent, già scrittore, conosceva della vita quel tanto per fuggirne. E così riusciva a vivere. Bravo Vincent.
E scivolavano gli eventi e le cose e si rideva molto di più di quel di cui si poteva ridere e molto più di quel che era leggero, leggero diventava.
Vincent scriveva.
Della cosa bella era senz'altro un piacere fare una rapido resoconto, una burla, una parodia; riguardo alla cosa brutta scrivere era una liberazione, una catarsi, era come gettarla via.
Ma una scrittura era difficile e al contempo premeva a Vincent più di ogni altra: si trattava della stesura delle proprie vite.

“D'altronde chi è Vincent? Chi dei tanti può dire con certezza di essere realmente Vincent?” Si chiedeva Vincent seduto a capotavola, in quella tavola imbandita, per loro, per tutti loro, “Tutti i miei Vincent”.

Per scrivere la tua vita non devi necessariamente viverla. Anzi, se la vivi non hai assolutamente il tempo di scriverla. Per scrivere la tua vita devi fare in modo che qualcuno la viva per te. Un altro te. Un altro Vincent.
Vincent è seduto in lacrime sulla panchina dei giardini dell'Acquasola (che nome evocativo!) mentre lei si sta allontanando dopo averlo bruscamente respinto con uno schiaffo anche troppo esplicito.
Un altro Vincent si alza, lascia il proprio corpo a piagnucolare sulla panchina e raggiunge la ragazza che si sta allontanando. Le afferra la mano, l'umore di lei con un tocco di magia (o licenza poetica, che dir si voglia) cambia, e i due spariscono all'orizzonte.
E questo è solo uno dei tanti casi. Di Vincent così ormai ne è pieno il mondo. Vincent ha seminato Vincent ovunque. Ognuno ha la sua vita felice; particolare, unica, complessa, difficile, ma felice.
Sono in contatto? Di sicuro tutti di tanto in tanto, in sogno o anche in quel particolare stato di veglia che chiamiamo sogni a occhi aperti, vanno a trovare Vincent. Ma io ho il sospetto che siano in contatto anche tra di loro. Me ne sono accorto durante la cena. Alcuni si scambiavano occhiate di intesa. La cena. Già...
E' di questo che vi dovrei parlare. La storia di Vincent lo scrittore è segnata dalla cena che una sera organizzò per far incontrare tutti i suoi Vincent sparsi per il mondo. Capirete da voi che la mossa fu alquanto azzardata: fa parte della natura dei sogni quella di essere poco inclini a eventi materiali quali il sedersi a tavola, il mangiare, ma anche il portare il vino e il fare i complimenti per le lasagne. Ma la malinconia da un po' di tempo tormentava il povero Vincent, che perciò decise di fare una riunione di “famiglia”. Filò sorprendentemente tutto liscio. Ci presentammo in molti (glielo dovevamo): intorno a quella tavola eravamo almeno in cinquanta. C'erano le mogli, tante. C'erano un sacco di bambini, chi l'avrebbe mai detto? Ma c'erano anche molte coppie non sposate. Alcune viaggiavano tutto il tempo, altre non si erano mai mosse da Padova, alcune abitavano in città , altre in montagna, c'erano coppie che raccontavano di non essersi mai separati e altre che dicevano di vedersi molto poco durante l'anno, ma di essere contenti ugualmente. Scorrevano fiumi di vino (ah...Vincent!), tutti (a parte un vegetariano!) si abbuffavano di lasagne e arrosto e regnava il buon umore. C'ero io. Vincent sostiene di essere lui a prendersi cura di noi, ma io penso che la cosa sia sempre stata reciproca.
Quella sera se ne stava seduto a capotavola pensieroso, non capiva come tutti quei Vincent così diversi tra loro potessero andare d'accordo. “Qual'è il punto in comune? Perché banchettano allegramente invece di litigare su punti di vista diversi?” “Io” pensava “litigherei più o meno con tutti”. “Ma in fin dei conti perché mi stupisco? Sono stato io a dar loro il vissero felici e contenti. E di che mi lamento? Mi dà fastidio? Dovevo pensarci prima. Forse dovrei semplicemente lasciarli andare, dimenticarli, dimenticare le loro storie e così di colpo morirebbero tutti. Cena con sterminio. Donne e bambini compresi. Non si può. Non sono un mostro. Uno scrittore ha dei doveri. Ma forse...”
Avete presente quando tutti gli invitati ad una festa uscendo prendono gli ombrelli a caso e all'ultimo tocca l'ombrello più sfigato? Uscendo dalla casa di Vincent successe qualcosa di analogo, ma la posta in palio non fu l'ombrello, ma la vita. Io mi attardai, ero in bagno, e quando tutti, preso il cappotto e l'ombrello, uscirono, mi resi conto che in casa non c'era più nessuno, neanche Vincent lo scrittore. Lì per lì il paradosso mi fece quasi svanire. Io: proiezione, sogno, personaggio senza scrittore potevo forse esistere? Poi pensai che se ero riuscito a cenare con il mio autore forse potevo anche scrivere la sua storia. Ed eccomi qua, a raccontarvi di colui che stanco di sognare vite non vissute riuscì a prendere il posto di uno dei suoi sogni, eccomi qua a scrivere di Vincent lo scrittore.

Photography by Fernanda Veron

3 commenti:

sushi john ha detto...

gagliardo!

forse un po' autobiografico =)

Io Matteo ha detto...

Mai scritto qualcosa di minimamente autobiografico ;)

sushi john ha detto...

nemmeno questo tuo ultimo commento.